La pioggia cadeva obliqua e il vento gelido di novembre ghiacciava fino alle ossa. Era buio pesto alla una di notte e una figura attraversò la strada traballando sui tacchi alti.

Nel suo appartamento al piano terra, il portinaio andava accendendo tutte le luci: le mani gli tremavano ma, passo dopo passo, avrebbe portato a termine il suo incarico serale. Non era mica rimbambito, non ancora. Sapeva che i figli lo volevano chiudere in una casa di riposo ma non gliel’avrebbe data vinta. Basso e tarchiato, aveva volontà di ferro e quell’asciuttezza nell’agire tipica delle persone di fatica.

Per tutta la vita era stato il portinaio di quel palazzo storico, ci era nato, cresciuto e l’aveva gestito con grande senso del dovere: non si sarebbe certo arreso ai primi acciacchi della vecchiaia.

Nella sua libreria riposavano decine e centinaia di volumi, compagni e amici nelle lunghe ore di guardiania, anche quando il magistrato del terzo piano era stato minacciato dai mafiosi, razza bastarda, con la scorta che lo aspettava sempre in guardiola e spaventava gli altri condomini.

Anche quando si sentivano le urla dell’avvocato al secondo piano che alle nove di sera lanciava parole e cose contro la moglie e il giorno dopo la signora usciva con la testa bassa e gli occhiali da sole. E quando il figlio piccolo dell’avvocato violento aveva imbrattato il muro del palazzo con le bombolette spray ed erano state altre botte e altre urla.
Quante ne aveva viste e sentite da dietro al vetro della guardiola in elegante legno massello, forse troppe per una sola persona!

Il suo appartamento si sviluppava alle spalle della portineria, un locale situato tra il tunnel carrabile di accesso al palazzo e il primo cortile interno e la postazione del portinaio affacciava sull’ingresso del palazzo per mezzo di un’antica portineria in legno con un divisorio in vetro. Nel piccolo vano ordinato, in cui il portinaio stazionava quando non era occupato in altro, erano custoditi i mazzi di chiavi di emergenza e attrezzature di manutenzione. L’uomo aveva a disposizione una sedia da ufficio, un piccolo tavolino in legno antico e una radio a valvole degli anni Cinquanta.

I suoi occhi avevano preso a cogliere confuse immagini sfocate, inizialmente soltanto quando era stanco, poi sempre più spesso. Allora il portinaio aveva cominciato a nascondere la sua situazione di ipovedente, a se stesso e agli altri, raddoppiando gli sforzi per pulire e mantenere l’ordine, spesso rifacendo due volte lo stesso lavoro nel dubbio di non averlo fatto.

Quando ebbe finito di illuminare a giorno la casa, si lasciò sprofondare nella poltrona, seguendo ora i ricordi, ora idee e pensieri che prendevano forma e poi scoppiavano come bolle di sapone.

Aveva dimenticato in portineria gli occhiali per leggere e si alzò per andare a prenderli. Mentre entrava nella stanza buia, un rumore gli bloccò la mano sull’interruttore.
Trattenendo il fiato avvicinò l’occhio all’anta che oscurava il divisorio in vetro.

E rimase pietrificato. 

Avvolta in un alone di luce, nell’ingresso del palazzo storico, la creatura più bella che avesse mai visto: la Madonna. 

Il portinaio strizzò gli occhi e sentì la bocca secca. La Madonna sembrava reale quanto le sue mani callose. Se ne stava immobile nella luce, il viso di eterea bellezza incorniciato dal velo azzurro, la mani giunte al petto in una posa serena. Il vecchio sentiva il cuore rombargli nelle orecchie e, come se lo avesse sentito anche lei, la Madonna volse il suo radioso sguardo dritto verso lo spioncino.

Il portinaio si fece coraggio e disse in un bisbiglio: «Chi sei?»
La Madonna ripose: «Maria» e gli sorrise.
Il vecchio sentì la dolcezza dilagare nel suo arido petto. 

In quell’istante tutte le luci si spensero.

Il portinaio arrancò verso il contatore mordendosi la lingua: non poteva certo bestemmiare in presenza della Vergine Maria! Provò a riarmare  il contatore della corrente e, dopo qualche tentativo, la luce tornò ma nella portineria fiocamente illuminata a incandescenza non c’era nessuno.
Aleggiava solo una delicata fragranza di rose. 

Si fermò a interrogarsi sull’apparizione in mezzo all’ingresso: o stava impazzendo oppure aveva davvero visto la Madonna. Da qualche parte doveva avere un libro sulle apparizioni di Fatima, magari ci avrebbe trovato qualcosa di utile. 

Tornò in casa sua, si versò un bicchierino di grappa e si mise a letto ma era troppo agitato e il sonno tardava ad arrivare. Appena chiudeva gli occhi rivedeva la bellissima Madonna apparsa in quella luce soprannaturale e si chiedeva perché. Perché proprio a me?

Passarono alcuni giorni, in cui non faceva che pensare a Lei e passarono alcune notti in cui ad ogni minimo rumore si alzava di scatto e correva a guardare dallo spioncino. Ma erano solo condomini che rincasavano tardi o il gatto dell’appartamento del primo piano che faceva il suo giretto.

Dopo sei giorni di patimenti, si decise a chiedere consiglio ad un esperto, il Monsignore del palazzo.
Già arrivare alla sua porta era un’impresa, perché l’appartamento era nella torretta del palazzo e chi voleva vederlo doveva affrontare una lunga e stretta scalinata che saliva dritta verso il cielo. Il portinaio bussò e attese, torcendosi le grandi mani; quando stava ormai per andarsene, sentì il rumore del chiavistello che veniva aperto e comparve il Monsignore, visibilmente seccato nel suo completo nero sartoriale.

«Buon giorno, cosa succede?»
«Buon giorno Monsignore, scusi il disturbo ma avrei bisogno di parlarle di una cosa. Importante.»
Ma il Monsignore non cedeva il passo e restava fermo con un piede davanti alla porta e il resto del corpo opulento nell’ombra del suo appartamento.
«Se è per confessioni, estreme unzioni, missae defunctorum o altri sacramenti può rivolgersi al mio segretario.»
L’uomo di chiesa stava per sbattergli la porta in faccia ma il portinaio tentò il tutto per tutto.
«Ho visto una splendida creatura in portineria l’altra notte!»
L’effetto fu immediato e il Monsignore spalancò la porta e lo invitò ad accomodarsi nell’elegante salotto.
«Prego, mi dica signor…»
«Ferdinando, Aiolfi Ferdinando, da 53 anni portinaio del palazzo, Monsignore.»
«Mi racconti tutto, Ferdinando, mi racconti…»
«L’altra notte ho visto una donna, ultraterrena, una creatura celeste, in portineria! Sarà stata la una di notte e sono rimasto lì abbagliato a contemplarla. Una bellezza che non è di questo mondo!»
Il Monsignore impallidì e sgranò gli occhi dietro la montatura dorata.
«Non faccio che pensare a Lei, Monsignore, ci penso continuamente!»
«Proprio da me!» impallidì l’alto prelato.
«Monsignore… questa è cosa sua!»
«Sì, è vero. È vero. Questa faccenda però deve rimanere segreta, Ferdinando, segreta tra me e lei, lo prometta!» aggiunse febbrile il Monsignore. «Si rende conto delle conseguenze, se si sapesse? Una bufera da una goccia d’acqua pura! La cosa verrebbe strumentalizzata!»
«Ma che male c’è?»
«Che male c’è?! È evidente che per persone di ampie vedute, come lei e me, non c’è alcun male. Ma si rende conto di cosa direbbero i critici? Scoppierebbe un caso mediatico e la prima a pagarne le consegue sarebbe proprio lei.»
«Lei?» chiese sbigottito il portinaio.
«Certo, lei. Pensa forse che sarebbe felice di essere coinvolta in una bufera del genere? Ne uscirebbe distrutta, e noi con lei. Mi dia retta, la cosa deve restare segreta» e gli puntò contro l’indice ammonitore.
«Va bene, Monsignore, se lo dice lei. Io di queste cose non ho esperienza.»
«Benissimo, così ci intendiamo» continuò con tono suadente, aggiustandosi il colletto. «Ferdinando, siamo tutti fatti della stessa matrice, uomini di carne e sangue. Di fronte a queste cose è facile smarrirsi. Lei… cosa vorrebbe, esattamente?»

Il portinaio che, pur con gli occhiali, ci vedeva sempre meno, cercò di mettere a fuoco il Monsignore ma l’interlocutore scambiò quello schiacciar d’occhi per uno sguardo ostile.

«Sono qui per aiutarla, Ferdinando, siamo due anime erranti sulla stessa via del Signore. Mi dica, le piacerebbe forse incontrarla?»
«È in suo potere?» sbiancò il portinaio.
«Certo! Non è cosa facile ma per un uomo come lei, Ferdinando, posso farlo. Lei lo merita!» disse con tono magnanimo e aggiunse poi con tono cospiratorio: «Domani notte, stesso posto, stessa ora.» Dopodiché lo spinse fuori di casa e chiuse a doppia mandata la porta blindata.

La sera seguente il portinaio era visibilmente agitato: la giornata sembrava non passare mai e l’anziano uomo si sentiva ansioso e spaventato. Non gli era chiaro come il Monsignore potesse avere un tale potere ma sembrava così sicuro che non aveva osato ribattere.

Per cena mangiò una minestrina con una fetta di taleggio, lavò piatti, denti e controllò la barba. Si spruzzò anche un po’ di dopobarba.
Poi si sedette in poltrona e accese la tv ma gli sembrava tutto stupido e, così, la spense e provò ad aprire il romanzo che aveva iniziato. Dopo poche righe però la vista si annebbiava, richiuse la copertina e rimase semplicemente in attesa. Verso mezzanotte guardò fuori dalla finestra e vide che piovigginava ancora: il cielo era coperto, come il suo cuore negli ultimi vent’anni di vedovanza e ora, eccolo lì, ad aspettare niente meno che un miracolo. Un miracolo nella sua portineria. 

A quindici minuti alla una, il portinaio si sedette nella stanza che dava sulla portineria e attese, al buio. Doveva essersi addormentato perché all’improvviso i suoi occhi malati furono accecati da una luce abbagliante e, in quella luce, ecco l’impossibile, ecco la Madonna avvolta nella veste azzurro cielo.

Il portinaio si avvicinò al vetro con il cuore che gli batteva all’impazzata e la Madonna lo guardò. Inclinò leggermente la testa e gli sorrise, lentamente, radiosa.

«Maria, sei venuta. Per me?» chiese Ferdinando con le lacrime che gli velavamo gli occhi già incerti.
«Sì» rispose la Madonna. 

Lei gli si avvicinò, alzò il braccio, lui sorrise e protese la mano verso di lei. 

Attraverso la finestrella le loro mani si toccarono.

Ferdinando Aiolfi, di anni 75, portinaio da 53, si sentì avvolgere in una pace assoluta e in quella pace non si accorse neppure che il suo cuore, dolcemente, smetteva di battere.

La pioggia cadeva obliqua e il vento gelido di novembre ghiacciava fino alle ossa. Era buio pesto alla una di notte e una prostituta attraversò la strada traballando sui tacchi alti.
A ben guardare il suo impermeabile era azzurro cielo. 

 

 

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