Il supermercato era mezzo vuoto, alle due del pomeriggio di quel venerdì estivo, così caldo che le strade erano dei nastri tremolanti e il parcheggio senza un metro d’ombra era popolato solo dagli esili alberelli, piantati due mesi prima per l’inaugurazione.

Nei rami sparuti restavano ancora brandelli di palloncini promozionali gialli e blu.

La stasi assoluta della scena fu interrotta dal lento incedere di una figura umana appena abbozzata, che si portava appresso un oggetto voluminoso. Con passi strascicati si avvicinò all’ingresso e, giunta davanti alle lucide porte automatiche, si fermò.

Era una donna, vecchia e robusta, infagottata in numerosi strati di vestiti scombinati.
Si appoggiava ad una bastone di legno e trascinava un carrello, uno di quelli scozzesi su due ruote, con il manico lungo e la maniglia in plastica nera. Dopo aver preso fiato come prima di un’apnea, fece il passo avanti che innescò l’apertura delle porte del supermercato. All’interno il freddo era quasi pungente e, per lo sbalzo termico, la vecchia si strinse nell’eschimo stinto che indossava. Una mamma con un bimbo piccolo nel carrello la guardò di sfuggita e poi sparì tra le corsie. Un uomo barbuto continuò a esaminare le fragole, nelle orecchie un blues anni 50.

Le casse erano deserte. La vecchia iniziò a percorrere con lentezza la corsia orto–frutta, per proseguire quindi verso il banco frigo e la corsia di dolci, biscotti e preparati per torte. Lì si fermò a lungo a esaminare scatole e pacchetti, con meticolosa determinazione. I capelli grigi di media lunghezza erano unti e ingialliti, gli occhiali fermati da una catenina avevano le lenti sudicie di ditate. Tra la falde dell’eschimo si intravvedeva una camicia verdina e una canottiera ingiallita. La vecchia si mise a trafficare nelle tasche del giaccone e qualcosa le cadde a terra e rotolò. Faticosamente si piegò a raccoglierla e, già che c’era, rimase piegata a studiare vari tipi di wafer nel ripiano più basso, ne scelse un pacchetto, lo aprì e si mise a sgranocchiare di gusto.

Poi si avviò lentamente verso la corsia sughi, pelati e scatolame e ripetè una sequenza simile. Intanto aveva incrociato la mamma con bambino e l’hipster di mezza età si era portato alla casse, ancora deserte. Con l’arrivo di un cassiere dall’aria annoiata era comparso anche un uomo spigoloso, con i capelli rasati a zero e braccia muscolose che spuntavano da una canottiera verdone: in mano un pacchetto di cracker, macinava deciso corsia dopo corsia. Completato il giro, l’uomo in canottiera tornò indietro e, fermatosi davanti alla vecchia, le mise pesantemente una mano sulla spalla e le disse a bassa voce: «Signora, mi segua negli uffici».

«No!», rispose la vecchia e si piantò bene ferma sui piedi.
«Signora, adesso lei viene con me di là e controlliamo il suo carrello!», continuò lui con voce minacciosa.

«Ho detto di no. Mi lasci!» reagì la vecchia, spostando la spalla di scatto. Il movimento fece cadere a terra il pacchetto di wafer aperti e le cialde friabili si sparsero sul lucido pavimento come le briciole di pane di Hänsel e Gretel.
«Ooooh! Dove ci porterà questa strada di briciole?» esclamò la vecchia deliziata. «Vieni, Hänsel, andiamo!» e prese per mano l’uomo.
Lui si divincolò bruscamente, lontano da quel tanfo di stantio e sudore che si sprigionava dalla vecchia e, nel farlo, urtò le bottiglie della passata di pomodoro, che esplosero al suolo. Macchie rosse si allargavano su fondo bianco.

«Adesso abbiamo anche Kandinskij, hai visto Hansel? Il nostro amico russo ci vuole dire qualcosa… qualcosa di importante» e aggiunse, bisbigliando tra le dita nodose: «Ma attenzione a Hitler, lui è cattivo, più cattivo dell’orco e ha anche un gran seguito di ipocriti. Spie pronte a denunciare i vicini di casa. Come le mie vicine, che obiettano sulla mia igiene personale quando non sono nemmeno umane. No, neanche un po’!».
L’uomo in canottiera, dopo un attimo di confusione, decise di passare alle maniere forti: prese il carrello della vecchia per farsi seguire negli uffici. Ma, appena vi ebbe messo mano, la vecchia emise un urlo acuto e penetrante e i pochi clienti, seguiti dal cassiere non più annoiato, si precipitarono a vedere cosa stava succedendo.
Molti piedi disegnarono sulla corsia immacolata misteriose traiettorie e il quadro astratto di pomodoro e briciole si fece più complesso.

La mamma accusò l’uomo in canottiera di aver tentato di derubare la vecchia e si strinse al petto il bimbo, che si dimenava nella speranza di impiastricciarsi con tutto quel rosso, lì a portata di mano; l’hipster di mezza età, tolte le cuffie senza filo, strappò di mano il carrello all’uomo in canottiera e lo restituì alla vecchia; il cassiere, atterrito, fece un balzo indietro, scivolò sulla passata di pomodoro e cadde lungo e disteso nella corsia, picchiando la testa contro la scaffalatura in metallo.

«Lo sapevo, lo sapevo… Il mio è un mestiere periglioso, periglioso…» borbottava la vecchia e intanto accarezzava con affetto il manico del carrello, di cui conosceva ogni asperità e levigatura.
L’uomo in canottiera cercò di far rialzare il cassiere infortunato mentre la mamma con una mano riprendeva la scena con il proprio smartphone e con l’altra reggeva il bambino. L’hipster prese il telefono e chiamò la polizia, guardando in cagnesco l’uomo in canottiera.

«Ma quale polizia! Ma lei è fuori di testa?» sbottò l’uomo in canottiera.
«Resta dove sei, Canotta!» gli intimò l’hipster. «Hai già fatto abbastanza, cercando di derubare una povera anziana!».
«Che vergogna! Che indecenza! Amiche e amici, state assistendo a una tentata aggressione!» commentò la mamma in diretta streaming su Instagram.
«Pronto, Polizia? Vorrei denunciate un tentato furto con aggressione. Richiedo anche un’ambulanza per un ferito» spiegava l’hipster al telefono. «No, non una ferita da arma da fuoco! Ha picchiato la testa contro i pelati. No! Non una rissa tra pelati, i pomodori!». Ma prima che potesse aggiungere altri dettagli, l’uomo in canottiera gli strappò il telefono di mano e chiuse la comunicazione.
«Adesso basta! Sono io la polizia!» gridò l’uomo in canottiera ed estrasse effettivamente un distintivo, con tanto di fotografia, della Polizia di Stato.
La mamma, tutta eccitata, aveva liberato il bambino per riprendere meglio la scena e, sul pavimento, il piccolo e la vecchia si divertivano a tracciare figure astratte nella passata usando i wafer come pennelli. Il commesso mal messo arrancava ancora, scivolando sul pavimento viscido con un vistoso bernoccolo sulla fronte, mentre l’hipster esaminava sospettoso il distintivo.

«Sono avvocato e la cosa non finisce qui! Come minimo abbiamo un abuso di potere, circonvenzione di incapace e… atti osceni in luogo pubblico!».
«Come, “atti osceni”?».
«Sì, indossare una canottiera del genere è un atto osceno!».
Mentre i due questionavano, il commesso era riuscito ad arrivare al banco frigo e si teneva premuta sulla fronte una busta di piselli surgelati, tenerissimi, e la vecchia e il bambino si gustavano due coppette di gelato bigusto.

«Ascoltatemi tutti! Sono un agente dell’Antidroga e sono in borghese per cercare di individuare un corriere della droga che opera in questo supermercato. E la principale indiziata… è lei!» e puntò un indice accusatore verso la vecchia, ora con l’eschimo imbrattato di gelato panna e cioccolato. A ben vedere ne aveva un po’ anche sui baffi che le crescevano sul labbro superiore.
«Lei?» si sorprese la madre, continuando a riprendere e facendo ciao–ciao al figlio con la mano libera.
«Sì, lei!» proseguì l’agente, con fare austero. «Non c’è copertura migliore che fingersi una vecchia pazza per nascondere la droga nel carrello della spesa. Signora, adesso lei mi fa vedere cosa c’è nel carrello!».
«Nooooo! Non aprite il mio carrello, non voglio!» piagnucolò la vecchia, abbracciando il carrello con disperazione.
«Questa è un’accusa priva di fondamento» si intromise l’hipster avvocato. «La sua perquisizione è disposta con decreto dell’autorità giudiziaria? Posso vederlo?».
L’agente sbiancò e rispose gelido al legale: «Non ho un decreto ma, trattandosi di un reato relativo allo spaccio di droga, ho il diritto di effettuare una perquisizione a sorpresa!».

«La perquisizione eccezionale senza decreto è prevista solo in caso di flagranza di reato o di evasione. Lei è certo che la signora rientri nella casistica? Sappia che, in caso contrario, sarà mio preciso dovere procedere contro di lei. Se lei la obbliga ad aprire il carrello e non trova nulla di compromettente, la porto in tribunale e la rovino!».
Il poliziotto soppesò la scelta, poi si allontanò e fece una breve telefonata. Tornò e disse asciutto: «E va bene, la signora è libera di andare. E io anche» e se ne andò con la canottiera chiazzata di sudore.

La mamma salutò i suoi follower, terminò la diretta e recuperò il bambino sporco e felice, portandosi alla cassa in attesa del commesso, perplesso.
«Troppe emozioni per me, oggi» sospirò la vecchia e, messo in tasca il biglietto da visita dell’avvocato hipster, imbocco l’uscita verso la torrida libertà.

Quella sera, quando la vampa era finalmente cessata e dalle finestre del suo appartamentino entrava una lieve brezza, la vecchia si sedette sulla poltrona del soggiorno, ingombro di libri e cianfrusaglie. Un gatto tigrato le si strusciò sulla schiena e lei aprì con reverenza un logoro quaderno.
Poi si allungò con fatica verso il manico nero, e, lentamente, sollevò la patella del carrello e chiuse gli occhi.
Il gatto tigrato guardò curioso dentro al carrello: era vuoto.

Ma intorno alla vecchia presero a danzare suoni, odori, immagini, sapori e sensazioni tattili che si libravano nella stanza e, combinandosi tra loro, davano vita a parole, frasi, periodi. Il carrello si svuotò rapidamente e lentamente le pagine immacolate del vecchio quaderno si riempirono di splendidi versi.

Ogni giorno il suo duro mestiere la portava per le strade: occhi, orecchie, naso, lingua e pelle raccoglievano preziosi dati che lei depositava nel carrello.
La sera, nell’intima serenità del suo nido, li faceva uscire dal carrello e li traduceva in poesia.

Ogni giorno, la vecchia svolgeva con impegno e fatica il mestiere della poetessa.